Se ne è parlato tantissimo negli anni passati, per la precisione a partire dal 2011 ovvero quando vene introdotto il primo dei due algoritmi griffato Google per andare a stravolgere il funzionamento del motore di ricerca.
L’algoritmo in questione è Google Panda; almeno una volta nella vita ci si sarà imbattuti in questo nome anche se non si lavora nel campo della Seo o del Web marketing. In parole semplici Google Panda è stato un algoritmo rilasciato nel febbraio 2011 che ha mutato il ranking dei risultati di ricerca di Google andando a colpire, quindi penalizzare, i siti che offrivano contenuti di bassa qualità, duplicati, interamente copiati, siti messi in piedi solo per inserire banner pubblicitari.
In sostanza uno degli algoritmi più importanti lanciati da Big G e che, si è sempre detto, avrebbe portato maggior qualità dei contenuti presenti nelle Serp.
In questo articolo ti parlo di:
L’avvento di Google Panda
Il che, va detto subito, è certamente vero perché poi nei fatti così è stato. Chi opera sul web da tempo o ha comunque memoria di come era la rete fino a un decennio fa ricorderà perfettamente la qualità dei siti prima presenti.
Contenuti copiati interamente da sito a sito, intere pagine scritte ripetendo fino all’esasperazione la parola chiave da indicizzare (pratica oggi scorretta, penalizzata da Google e nota come Keyword stuffing), siti poco aggiornati, possibilità di trovare nelle prime pagine delle serp portali che poi concretamente avevano poca congruenza con le ricerche effettuate dall’utente.
L’obiettivo di ripulire le Serp
In sostanza, obiettivamente, di qualità ce ne era molto poca. E allora tanto di cappello al simpatico mammifero lanciato da Google, Panda, precursore di un altro animaletto che sarebbe arrivato un paio di anni dopo, Penguin, sempre con l’obiettivo di ripulire le serp, di renderle più di qualità e maggiormente corrispondenti alla famosa e spesso abusata search intent dell’utente.
Solo che, come sempre accade in questi casi, c’è un però: non è tutto oro quel che luccica, per continuare con la sfilza dei luoghi comuni e adagi popolari. E allora malgrado il fatto che le serp siano oggi, senza ombra di dubbio, più qualitative rispetto al passato, qualche pecca da questo meccanismo è comunque venuta fuori.
Rischio di scrivere articoli standard
Chi si occupa di consulenza Web Marketing e Seo Copywriting si sarà imbattuto centinaia di volte nel meccanismo che si sta per descrivere: vuoi perché a chiederlo è un cliente che, pur lavorando in tutt’altro campo, detta le linee guida; vuoi perché lui stesso, il consulente, ormai è entrato in quella forma mentis e non riesce più ad uscirne.
Si parla di andare a scrivere articoli standard, tutti uguali, secondo le tendenze del momento dove per tendenza si intende la deriva che sta prendendo Google in quel dato momento storico. Nel mio lavoro mi è capitato di avere a che fare con tantissimi clienti attivi in campo disparati. E spesso il copione è sempre lo stesso.
“Mi raccomando, articoli di 400 / 450 parole minimo, perché altrimenti Google non li prende in considerazione (?);”
“Gli articoli che mi manderà sono originali? Perché altrimenti non servono a nulla….”
“Inserisca bene gli H1, H2, H3 ecc… cercando di far comparire anche lì la parola chiave;”
“Mi manda nel dettaglio le kw e parole chiave affini sulle quali ha impostato l’articolo?”
“Mi raccomando non ripeta tropo la kw altrimenti il testo non si indicizza o rischio di essere penalizzato.”
“Mi manda anche due righe per la meta description? È fondamentale per i motori di ricerca.”
“Vorrei articoli sotto forma di guida. Non so, qualcosa del tipo ‘come fare a’…. ‘cosa sono i’… o qualcosa di simile. Ho visto che in rete sono quelli che si posizionano meglio (??)”
Queste alcune delle richieste che mi sento rivolgere ogni volta che un cliente mi richiede dei testi. E ovviamente non si sta parlando di clienti che operano a loro volta nel mio settore. Quindi ormai anche chi si occupa di tutt’altro conosce (o, forse, crede di conoscere) i ‘segreti’ per scrivere un testo con tecniche di Seo Copywriting.
Un modo omologato di scrivere per il web
Quello che si sta riscontrando in rete da un po’ di tempo a questa parte, ovvero da quando Google ha cambiato le carte in tavola e tutti, anche i non professionisti del settore, hanno metabolizzato tali cambiamenti, è un’omologazione dei contenuti di testo.
I nuovo algoritmi di Google, è bene ripeterlo, hanno portato un enorme miglioramento in termini di qualità dei siti presenti nelle serp; ma c’è un rovescio della medaglia:
[su_quote]Molti utenti, terrorizzati da questi algoritmi, finiscono per scrivere testi seguendo passo passo lo standard imposto[/su_quote] .
Che poi è quello di scrivere un H1 che contenga la parola chiave; una meta description appetibile per lo snippet (a sua volta contenente la kw di riferimento); un primo paragrafo; un H2 con un secondo paragrafo; uno o più H3 ecc…
Ecco che si finisce per scrivere un testo per la rete sempre uguale
Il tutto facendo attenzione a non ripetere troppo la parola chiave; a scrivere testi semplici e diretti perché la rete li vuole così; a non essere troppo promozionali, perché vengono premiati i contenuti di reale interesse per il lettore; a raggiungere le tanto agognate 400 parole almeno (in alcuni casi dopo 250 già non si sa più cosa dire); a non copiare da altri siti pur andando a prendere spunto dai competitor; ad utilizzare abbellimenti quali grassetto, corsivo, sottolineature ed elenchi numerati; a inserire link esterni e interni di approfondimento.
Lo standard è sempre questo e, tutti, ormai, lo seguono fedelmente. A dettare queste regole sono, spesso e volentieri, gli stessi clienti che a loro volta le hanno lette in rete e, ormai, le conoscono alla perfezione.
Il che è indubbiamente sempre meglio di quello che c’era sul web fino a 10 anni fa: ma non è che tra qualche anno avremo tutti siti identici, con impostazione dei contenuti uguale tra di loro, medesimo standard di scrittura e tecniche assolutamente uguali, da manuale di Seo Copywriting?